martedì 28 aprile 2015

Una staffetta partigiana


Guardo le vostre fotografie                 
racconti di storie disperse
nei campi ricoperti d’erba
la memoria ritorna tra noi
rende fertile il terreno della società
la celebrazione feconda il seme nelle verdi generazioni. 
S’innalza l’Inno e la mano trattiene il cuore
risplende il ceppo tra corone d’alloro
fasce tricolori sussurrano nei fischi del vento
mentre si spengono i fugaci discorsi di un solo giorno.

Si dispiegano altre foto ingiallite
biciclette con la borsa sulla schiena
portatrice di preziosi messaggi vicino al cuore.
Una nuova missione, nome di battaglia “Laila”
con fulgido sorriso da staffetta fino alla montagna
poi  al comando della brigata “sei quello che vali”
dicevi,  nessuna distinzione di genere.
Raccontaci ancora Laila di quella storia
dove l’ideale nutriva i cuori della Patria. 
Cantaci ancora Bella Ciao
cantaci ancora l’inno per la nostra libertà!

4 commenti:

  1. Caro Francesco,
    deo prima rivolgerti un invito, una richiesta: perchè non provi ad inserire fra i widget del tuo blog anche la casella per iscriversi? Così potrei ricevere nella mia mail i tuoi nuovi post e commenti e... non mi troverei sempre in ritardo?

    Per la poesia sulla staffetta della resistenza non posso che ringraziarti davvero, dal profondo del cuore.
    Per me resta un valore forte, quel Bella ciao che adesso si canta anche in forma pop.
    Quando ci si dimentica cosa ha voluto dire quel periodo di guerra, cosa ha significato la dittatura, la vergogna delle leggi razziali, l'alleanza e la complicità con il nazionalsocialismo, il furer, i campi di sterminio, la repubblica di Salò... quando ci si dimentica ipocritamente che si doveva stare dalla parte del giusto per rischiare la vita ma meritarsi la medaglia di Giusto, quando farisaicamente si tenta di mettere sullo stesso piano chi era morto per la libertà e chi per l'oppressione, quando accade tutto questo ... non riesco a credere, caro Francesco, che questa Italia sia ancora la stessa Italia che ho conosciuto fino a... una ventina di anni fa.
    E' passata una marea di liscivia che ha sbiancato le coscienze, lavato via i valori, consumato la tela della democrazia.
    Siamo ritornati ad essere quel popolo qualunquista degli anni 50 e 60, come se tutta la ricchezza di fermenti degli anni 70 non fosse mai esistita.
    E chi dipinge gli anni 70 come gli anni bui del terrorismo (che pure ci fu, o furono, due opposti, uno di Stato uno ideologico) lo fa per ideologia, oscurantismo, piattume... quegli anni furono quelli delle grandi riforme civili italiane, delle grandi lotte civili ed economiche, dei diritti dello stato sociale, della riforma sanitaria, dello statuto dei lavoratori, delle vittorie referendarie...
    Oggi tutto questo è stato completamente dimenticato, colpevolmente la memoria è stata sbiancata, per poter inseguire il facile sogno dell'arricchimento irresponsabile e delinquenziale.
    Il qualunquismo populista del berlusconismo ha liberato la bestia che era restata chiusa in gabbia per anni, la stessa bestia che portò Mussolini al potere. Quanti sospiri nostalgici si sentono, adesso!
    E che tristezza, amico mio, vedere e sentire quel vuoto interessato!
    E la situazione è anche peggiorata con la crisi economica che ha sconvolto e sta ancora sconvolgendo il mondo, mettendoci di fronte a rischi e pericoli che forse nessuno poteva neanche immaginare.
    Per questo ti ringrazio, perchè la tua poesia ha il sapore di quel Bella ciao che si cantava una volta, con la chitarra, gli amici, il pugno chiuso che voleva dire "lottiamo" per un futuro più giusto e migliore.
    Adesso non ci sono più le bandiere i simboli, gli slogan e le chitarre...
    Cosa rimane?
    Un abbraccio forte,
    Piero

    PS. La risposta alla domanda è che ci rimane ancora la voglia di lottare, o almeno di costruire un futuro giusto e migliore, e se non possiamo più farlo per noi stessi, perchè l'età anagrafica ormai praticamente ci condanna, dobbiamo farlo per i nostri fogli, e nipoti e anche per tutti gli altri...

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    1. Grazie Piero, per la tua accorata e passionevole risposta. Hai molte ragioni a scrivere questo ma credo che adesso la crisi di valori che caratterizza questa società derivi per lo più dalla prevalenza del super io e non voglio andare oltre. Spero che la celebrazione della liberazione sia anche l'occasione di formare coscienze contro ogni forma di -ismo.
      Seguirò il tuo consiglio.
      Un caro saluto
      Francesco

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  2. Molto bella. E lo dico con la convinzione che queste belle storie vadano raccontate. Ho sempre amato il motto di Santayana ("Coloro che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”). Purtroppo sembra che in questo nuovo secolo certi valori non siano più la base dell’insegnamento, e si vede! Invece, sentendo parlare chi c’era - l’altro giorno avevamo tra noi un reduce che combatté dopo l’8 settembre prima in Jugoslavia a fianco dei partigiani e poi entrò con gli Alleati a liberare Bologna - o sentendo raccontare di loro, si respira la Storia, con la S maiuscola, si va oltre l’aridità del testo ufficiale, si "entra" per un istante dentro il film. La stessa sensazione che provai ascoltando Rigoni Stern ad Asiago parlare della terribile esperienza in Russia, o quella che esce dalle lettere dei soldati al fronte o dei condannati della Resistenza: è la vita che i grandi manuali non raccontano, è l’antropologia sociale. Ecco, credo sia quello che in fondo emerge da quelle fotografie ingiallite. Il passato non è un mostro o un bagaglio da lasciare in soffitta. Il passato è quello che siamo adesso. Ci ha creato, ci ha donato la libertà che forse non apprezziamo neppure come dovremmo.

    Buona giornata

    Daniele

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    1. grazie per il tuo commento, che arricchisce ulteriormente il mio pensiero poetico. La memoria si rievoca ed è importante farlo, dando voce ai testimoni, per offrire alle generazioni future gli strumenti, utili a riconoscere i germi che portebbero alterare ancora il futuro.
      Un caro saluto
      Francesco
      Francesco

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