venerdì 27 novembre 2015

L’estroso fanciullo


A Camillo Sbarbaro
Un cieco mi par d’essere, seduto
sopra la sponda d’un immenso fiume.
Ora leggendo i versi tuoi rivedo
sulle rocce l’incanto dei fiori ocra,
quando piccolo guardavo rapito
i contorni ricamati dei licheni.
L’arida sterpaglia non offriva altro
nel freddo inverno, solo una siepe
di ginestra mi proteggeva dal vento.
Mi colse tardivo il fascino
dell’estroso fanciullo, intimo poeta
ahimè dimenticato, ma alto
dal sensibile tocco contagioso
con una delicatissima emotività.
Un uomo alternativo resistente,
virtuoso nel suo essere assente
eppure espressivo nel suo cantare
l’emozione delle sue sciocche lacrime
Viveva solitudini domestiche
un  mondo minimo di sofferenza
amato come se non fosse famiglia
Immerso, permeato dentro la natura
sapeva cogliere appassionato
non solo i licheni ma tutto ciò
che armonizzava con l’anima
in quello sguardo verso l’azzurro
del cielo, come quello del mare
vedeva oltre l’angusto mondo
abile a perdere il cuore trepidante
nell'accarezzare un filo d’erba

2 commenti:

  1. Ho letto con piacere e ho apprezzato questa tua dedica ...un delicato affresco del passato che profuma ancora d'intenso. Buona serata, Stefania

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    1. Le poesie di Sbarbaro sono in armonia con il mio sentire, in esse trovo l'eco delle mie emozioni. Mi rallegro per il tuo commento.
      Buona serata
      Francesco

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